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E’ uscito il 13 gennaio “Blindur”, l’omonimo disco d’esordio dei BLINDUR, il duo composto da Massimo De Vita e Michelangelo Bencivenga.
“BLINDUR” arriva dopo oltre 150 concerti (in Italia, Belgio, Islanda, Francia, Germania e Irlanda), la collaborazione con Birgir Birgisson, storico fonico e produttore di Sigur Ros, e sette premi, tra cui il Premio Pierangelo Bertoli 2015, il Premio De André 2015, il Premio Buscaglione 2016 e il Premio Tempesta Dischi “Sotto il cielo di Fred”. I Blindur, inoltre, sono stati tra i finalisti di Musicultura 2016.
Blindur è un duo nato nella primavera del 2014 da Massimo De Vita, cantautore, polistrumentista e produttore, e Michelangelo Bencivenga, polistrumentista. Il sound del duo si ispira alle atmosfere del folk e del post rock, con un piede a Dublino e l’altro a Reykjavík. L’amore per il Nord Europa permea tutto il lavoro della band, a partire dalla scelta del nome, una parola islandese. Per i testi il riferimento è sicuramente da rintracciare nella tradizione e la poetica del cantautorato italiano, con un occhio più attento a quello moderno. Nonostante siano solo due i musicisti in scena, il suono è ricco e articolato e l’ampio set up (chitarre acustiche ed elettriche; banjo; glockenspiel; effettistica ed elettronica minimale; cassa, rullante e tamburello, il tutto rigorosamente a pedale) contribuisce a dare la sensazione di stare ascoltando una band composta da più elementi. Il trucco è semplicemente godersi il tutto ad occhi chiusi. Il duo napoletano nei primi 24 mesi circa di attività ha già collezionato più di 150 concerti tra Italia, Belgio, Islanda, Francia, Germania e Irlanda, prendendo parte ad importanti festival internazionali, ad esempio il Body&Soul Festival a Westmeath e l’Airwaves festival a Reykjavik. La band ha prodotto nel 2014 un Ep dal vivo presso gli studi di registrazione Casa Lavica e nel 2016 un mini album acustico “Solo Andata – Live in giardino”; vinto l’edizione 2014 del premio Donida, il premio Muovi la Musica 2014, il premio Nuova Musica Italiana 2015, il premio Pierangelo Bertoli 2015; il premio Fabrizio De Andrè 2015, il premio Buscaglione “Sotto il cielo di Fred” 2016 e il premio Tempesta Dischi sempre nell’ambito dell’edizione 2016 di “Sotto il cielo di Fred”; nel 2016 Blindur riceve il premio Discodays giovani nell’ambito della diciassettesima fiera del disco di Napoli. Inoltre la band è tra i 16 finalisti per l’edizione 2016 di Musicultura e tra i 9 finalisti per Musica da bere 2016. Nel 2016 Blindur è inoltre tra le 10 band rivelazioni dell’anno secondo la rivista Keepon. Ha aperto i concerti di numerosi artisti del panorama indipendente italiano come Tre allegri ragazzi morti, Dellera, Dimartino, Giorgio Canali e Rossofuoco, Cristiano Godano (Marlene Kuntz), Il disordine delle cose, Iosonouncane, Dente, Nobraino, Bandabardò, Sick Tamburo, Calcutta, The Zen Circus. Blindur ha collaborato in ambito internazionale con artisti irlandesi come Johnny Rayge, con il quale ha realizzato un mini tour di 11 date in Italia nel novembre 2014; ha condiviso il palco con il poeta e cantautore canadese Barzin nella data napoletana del suo ultimo tour europeo; ha inoltre lavorato con Birgir Birgisson, storico fonico e produttore di Sigur Ros e non solo.
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JULIE’S HAIRCUT
In attività dal 1994, I Julie’s Haircut sono un collettivo di cinque musicisti emiliani. Il loro album di debutto “Fever in the funk house” (Gamma Pop, 1999), uno strano mix di garage rock, psichedelia noise e melodie pop fu salutato dalla critica come uno dei migliori debutti indie-rock italiani ed è stato inserito dalla rivista Rumore nella lista dei 50 album italiani fondamentali degli anni '90. Il successivo “Stars never looked so bright” (Gamma Pop, 2001) mescolava questi elementi con un approccio più soul, rispecchiando l’amore per la black music degli anni ’60 maturato in seno alla band. Nel 2003, dopo essere passati sotto l’egida della bolognese Homesleep Records I Julie’s Haircut hanno pubblicato il loro terzo album “Adult situations”, il primo a godere di una distribuzione internazionale. Qui melodia e psichedelia si compenetrano in maniera più personale. Dal 2005 la musica dei Julie’s Haircut si è mossa verso territori più sperimentali, concentrandosi maggiormente sull’improvvisazione e la ricerca sonora, senza perdere contatto con il groove e la melodia che hanno caratterizzato la loro musica fin dal primo giorno. Il frutto più immediato è “After dark, my sweet” (Homesleep, 2006), il quarto fortunato album della band, che vede la partecipazione dell’ex Spacemen 3 Sonic Boom, acclamato come uno dei migliori album dell’anno e inserito dalla rivista Il Mucchio nella top 20 degli album psichedelici italiani dagli anni ’80 in poi. Nel 2006 fungono anche da “sound carriers” per alcune performance dell’ex cantante dei Can Damo Suzuki, entrando così a far parte del Damo Suzuki Network e consolidando una solida relazione con l’artista nippo-tedesco che continua ancora oggi. Nel 2009 esce il quinto doppio album “Our Secret Ceremony” per l’etichetta A Silent Place. Nel 2010 realizzano per la rassegna "Storie di Straordinaria Scrittura" lo spettacolo Transformed a Carpi, nel quale risuonano l’intero album Transformer di Lou Reed accompagnati da diversi ospiti vocali come Violante Placido, Angela Baraldi, Lilith, Giovanni Gulino, Alessandra Gismondi. Lo stesso anno partecipano con Peter Hook all’omaggio ai Joy Division Unknown Pleasures a Reggio Emilia. Un nuovo singolo 10” che include cover di The Tarot dalla colonna sonora de “La Montagna Sacra” di A. Jodorowsky e di O Venezia Venaga Venusia di Nino Rota dalla colonna sonora del “Casanova di Federico Fellini” viene pubblicato nel giugno 2011 sulla risorta etichetta Gamma Pop. A giungo 2012 esce per Wood Worm & Trovarobato un nuovo EP di 4 tracce inedite intitolato “The Wildlife Variations”. Nel 2012 la band ha dato inizio a una collaborazione con il compositore contemporaneo americano Philip Corner, sfociata in una performance live a Reggio Emilia, in una session di registrazioni di musiche di Corner sotto la direzione del compositore e in una installazione sonora per la prestigiosa mostra “Women in Fluxus and other experimental tales”, tenutasi a Palazzo Magnani a Reggio Emilia. A marzo 2013 Gamma Pop pubblica il singolo in 7” split “Downtown Love Tragedies”, condiviso con gli amici di lunga data CUT, nel quale rivisitano il classico di Bill Withers Who is he and what is he to you. In ottobre 2013 esce l’album “Ashram Equinox” per Wood Worm / Audioglobe / Rough Trade. A febbraio 2017, entrati nel roster della prestigiosa label inglese Rocket Recordings, pubblicano il nuovo album “Invocation and Ritual Dance of My Demon Twin”.
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CHOW
I Chow nascono a Bologna nel gennaio 2013 quando Davide Montevecchi e Riccardo Frabetti, partners in crime dai tempi delle superiori e rimasti orfani dei Tunas, si mettono a suonare con Stefano Zuccato (The Classmates). Forti delle comuni passioni per il punk rock, la psichedelia di fine ’60 ed il cibo, iniziano a girare, a suonare con nomi di un certo spessore come CUT, Sic Alps, Fleshtones, Virus, Giuda e a sperimentare tutti i ristoranti, osterie e bettole possibili. Si autoproducono una cassetta omonima nel 2014 e un 7″ nel 2016.
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ROMARE
La regola numero uno è la curiosità. La regola numero due, la passione. La terza regola è quella del talento. L’inglese Archie Fairhurst, in arte Romare (nome d’arte preso in onore dello scrittore ed artista americano Romare Bearden, famoso per le sue illustrazioni basate sul cut’n’paste), riesce a farle proprie tutt’e tre con una creatività davvero rara. Un background da strumentista (batteria e chitarra), con poi una vera e propria folgorazione per l’arte del turntablism (scoperta trasferendosi a Parigi), fin dal suo esordio nel 2012 con l’EP “Meditations On Afrocentrism” uscito per la Black Acre si è rivelato come uno dei più luminosi talenti espressi dalla scena house.
Mecna torna al Locomotiv per presentare il suo nuovo lavoro in studio, “Lungomare Paranoia” (Macro Beats/A1 Entertainment), che arriva a due anni di distanza dal fortunato “Laska”, che l’ha consacrato come una delle voci più originali e uniche della scena musicale italiana.
“Lungomare Paranoia” è un lavoro coraggioso che prende definitivamente le distanze dagli schemi e dalle sonorità che caratterizzano il rap italiano. MECNA ha voluto scavare a fondo nel suo modo di essere, con riflessioni ancora più intime e personali, capaci di parlare a una generazione che guarda con paura al futuro e che si è da subito riconosciuta nei suoi testi confidenziali e diretti.
<<“Lungomare Paranoia” è il disco che ho composto con più libertà, nel senso che non mi sono posto limiti di tematiche e suoni. Sono cresciuto e al mio terzo album ho voluto fare le cose completamente a modo mio, un approccio che comunque ho sempre avuto, ma mai così evidente e deciso come ora. Forse prima non ero così sicuro dei miei mezzi, ma questa volta credo sia arrivato il momento di essere davvero me stesso, senza paura delle critiche, soprattutto in un momento di grande fermento e apertura tra le diverse realtà della scena musicale
italiana.>> MECNA
Come sempre MECNA ha dato massima importanza alla ricerca sonora, cercando formule innovative ed esplorando territori elettronici sempre più sperimentali ed evocati, con la collaborazione di produttori fidati come Iamseife, Lvnar e Alessandro Cianci (sia come compositore e arrangiatore singolo che in coppia con il sound designer Antonio Pagano sotto lo pseudonimo di Drum Machine Drama), beatmaker stimanti della
scena rap come Fid Mella, The Night Skinny e 24SVN, il talento dell’elettronica Godblesscomputers e il giovanissimo producer francese Nude. L’album è stato registrato al Macro Beats Studio da Mirko Filice e Raffaele Giannuzzi, mixato e masterizzato da Gigi Barocco allo Studio 104 di Milano.
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E’ una questione di qualità o una formalità?
Si domanda il vecchio saggio.
Noi non ricordiamo più bene.
Molti di voi si stavano già chiedendo.. “ma avanzi? non la fanno più?” – altri ” ma quella festa li, ma si quella dei bigliettini, quand’è che la faranno?” – altri ancora non sanno nemmeno che esistiamo e quindi non si fanno nessuna domanda.
Ma noi, a tutti questi e altri ancora, rispondiamo: et voilà!
AVANZI DI BALERA
Musica che sa di muffa, sudore e luci al neon.
Se i rituali di corteggiamento nei night club moderni ti stancano mentre l’idea di un lento, cheek to cheek, ti stringe il cuore.
Se il ballo di coppia è sempre stato il tuo forte e vai pazzo per quella musica nostalgica fatta di fisarmoniche.
Se il tuo vestito buono riposa incelofanato nell’armadio dall’ultimo matrimonio a cui sei stato invitato. Se non ti fai una messa in piega dal battesimo del figlio di tua sorella.
Se sei un dritto, un duro, un uomo dal whisky facile. Se sei un pupa, una bambola e i tacchi ti slanciano.
Se alla frase “Ricchi premi e cottilon” i tuoi occhi si illuminano.
Torna alle origini, torna alla sala da ballo.
Avanzi di balera, la prima serata che piacerebbe anche a tua nonna.
Avanzi di balera, la prima serata al sapore muffa, sudore e luci al neon.
Avanzi di balera, e poi non dire che non trovi il fidanzato!
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AVANZI DI BALERA
..latin.. mambo.. cha cha..rockn roll tango liscio giri mazurke pizziche tammuriate ballate ballate ballate!!! international muzik from baleras…italian.. italo disco… balkanismo e messicanismo..the wonderful HALL OF DANCE.. la certezza di darvi alle danze e al canto ..
King Crimson + Porcupine Tree + Marta sui tubi + Obake = O.R.k.
Dopo l’esordio “Inflamed Rides”, uscito nel 2015 e molto ben accolto dalla critica europea, e due lunghi tour in Europa e Sud America seguiti nel 2016, gli O.R.k. di Lorenzo Esposito Fornasari (LEF), Carmelo Pipitone, Colin Edwin e Pat Mastelotto tornano con un nuovo album – questa volta per Rare Noise Records – a conferma della solidità di un progetto che non era solo estemporanea superband. I numerosi concerti hanno permesso al gruppo di mettere a fuoco il sound in completa condivisione d’idee e intenti: dunque il nuovo “Soul Of An Octopus” porta in sè il DNA di “Inflamed Rides”, ma risulta molto più potente e intenso già dal primo ascolto. Prodotto dallo stesso LEF, il disco è stato mixato da Marc Urselli (vincitore di 3 Grammies, sound engineer di pezzi da novanta come John Zorn, Lou Reed, Laurie Anderson, Mike Patton e molti altri) ed è stato masterizzato da Michael Fossenkemper al Turtletone Studio di New York. Il magnifico artwork del disco è anche questa volta stato realizzato da Nanà Oktopus Dalla Porta, che ha inventato un nuovo capitolo della immaginifica visione del mondo O.R.k., in questo caso ispirato all’elemento acquatico che fa in parte da filo conduttore anche ai testi dell’album.
La presenza di Pat Mastelotto potrebbe inizialmente indurre gli ascoltatori a fare paragoni con la musica dei King Crimson – ‘Too Numb’ che apre il disco suggerisce similitudini con ‘Discipline’ per alcuni pattern ritmici di contrasto alla voce di Fornasari – o ancora con sonorità legate ai Pink Floyd, come nel caso di ‘Scarlet Water’, ‘Just Another Bad Day’ o in ‘Capture or Reveal’. In realtà la scrittura degli O.R.k. trae linfa da una moltitudine di fonti, coerentemente con gli abbondanti e variegatissimi curriculum musicali dei quattro membri fondatori: dall’opera contemporanea e il metal astratto di Obake per Fornasari, al rock progressivo sinfonico dei Porcupine Tree e una moltitudine di progetti jazz-rock per Colin Edwin, al rock alternativo dei Marta Sui Tubi per Carmelo Pipitone, al prog dei King Crimson e una moltitudine di progetti jazz-rock ed art-rock per Pat Mastelotto. Il collante di questa varietà è dato sia dal range vocale senza limiti di Lorenzo Esposito Fornasari, capace di passare senza soluzione di continuità dai toni quasi operistici di ‘Dirty Rain’ e ‘Till the Sunrise Comes’ a momenti intimistici che potrebbero ricordare Leonard Cohen, come in ‘Heaven Proof House’, che dall’approccio chitarristico innovativo di Carmelo Pipitone, alle chitarre elettriche ma anche e soprattutto alla chitarra acustica, come si evince da ‘Collapsing Hopes’. Il suono del rock a 360 gradi degli O.R.k. di “Soul Of An Octopus” è moderno, energetico e affilato, ed è molto più della somma delle parti in gioco, potente ma sempre cantabile, a breve nuovamente in tour in Europa e Sud America.
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JESSY LANZA
Un r’n’b che arriva dal futuro. Un futuro aereo, etereo, pieno di grazia, avvolgente. Ma, quando serve, anche ferocemente affilato. La canadese Jessy Lanza è, semplicemente, una delle gemme più preziose nella scena elettronica contemporanea. Lo è fin dai suoi primissimi esordi, quando ha prestò la voce ad alcune parti di “It’s All True”, il quarto album di studio dei Junior Boys, anno 2011. Da lì con Jeremy Greenspan, uno dei due Junior Boys, si consolida un’intesa artistica intensissima che porta all’esordio di Jessy come solista: l’anno è il 2013, il titolo dell’album è “Pull My Hair Back”, l’etichetta è la prestigiosa Hyperdub (ovvero la label guidata da Kode9 che, tra le varie cose, ha anche rivelato al mondo il talento di Burial), l’applauso di critica e pubblico è unanime e soprattutto oltre ogni previsione – il Guardian arriva a scrivere “la più recente e forse la migliore fra le nuove ‘soul girls’ più eteree”.
Da lì arriva una conferma dietro l’altra, con collaborazioni estemporanee con Caribou, Morgan Geist, Taso, Dj Spinn, e con una resa live sempre calibratissima, in illuminato equilibrio fra grazia ed energia, fra ricami melodici e adamantini ricami di synth e drum machine. Il 2016 è l’anno di “Oh No”: sempre su Hyperdub, sempre creato col piccolo aiuto di Jeremy Greenspan, sempre con un riscontro di pubblica e di critica ad altissimi livelli (da Mixmag ad Uncut passando per NME e The Quietus, le recensioni sono tutte improntate all’entusiasmo), ma anche con la capacità di far evolvere il suo suono su rotte ancora più vaste, esplorando più che nel precedente LP la battuta veloce. Una svolta che si riflette anche nei suoi live show, sempre più innervati di ritmo e carica dinamica senza però perdere nulla della classe “educata” che la ha permesso di diventare una delle voci più interessanti del panorama contemporaneo, in un territorio dove il soul stile Aaliyah o Janet Jackson viene reso astratto ed finisce coll’incontrare in modo erratico le suggestioni emotive alla Cocteau Twins o certe derive geometricamente hip hop, passando per un approccio compositivo iper-contemporaneo e digitalizzato.
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I Gazebo Penguins sono sempre stati in 3, e ora sono in 4. Hanno fatto uscire due dischi (LEGNA 2011 e RAUDO 2013) che sono stati suonati in più di 250 concerti per tutta Italia. Si dividono tra Correggio e Zocca, e NEBBIA è il loro ultimo lavoro, che uscirà il 03 marzo. Sono sempre stati definiti emo core o post hard core, ma con questo disco stanno spostando i confini del loro genere verso nuove province musicali. Continuano a fare musica perché pensano sia una cosa che gli viene bene, ma soprattutto li fa stare bene. E vorrebbero farlo per tutta la vita.
PHILL REYNOLDS
Phill Reynolds, all’anagrafe Silva Cantele è il chitarrista dei Miss Chain&the Broken Heels e il frontman dei Radio Riot Right Now. Scrive canzoni per voce e chitarra: folk e blues.
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