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NATHAN FAKE
Growing up in Norfolk and attending a school where being into music made you an outsider, Nathan Fake’s early interest in the electronic scene came from hearing acts like Aphex Twin and Orbital on the radio and reading about the equipment they used in music magazines. Having begun to acquire and experiment with his own gear, an encounter with James Holden in 2003 led him to align with the then fledgling label Border Community, releasing his first material, the “Outhouse” single, that same year.
The relationship with Holden’s label continued with further EP releases – “The Sky Was Pink” and “Silent Night” – leading to his breakthrough debut album “Drowning In A Sea Of Love”, released in 2006 to widespread praise from the likes of Pitchfork and the Guardian, and hailed as one of Mixmag’s top albums of that year. Fake recorded two further albums for the label – 2009’s “Hard Islands” and “Steam Days” in 2012 – before establishing his own label Cambria Instruments in 2014 alongside former Border Community associate Wesley Matsel. Their collaborative single “Black Drift / Bismuth” was followed by Fake’s solo effort “Glaive” EP in 2015.
Throughout this time he also took on a number of impressive and diverse remixes, from Radiohead to Jon Hopkins to Clark, working for labels such as Ninja Tune, Domino, Warp and Kompakt. Extensive touring has taken his sound across the globe, including notable tours with Orbital, Four Tet, Jon Hopkins & Clark.
In September 2016 Nathan announced his signing to Ninja Tune with “DEGREELESSNESS / Now We Know” 12”, featuring NYC’s Prurient aka Vatican Shadow (Hospital Productions). This is the first music to be released from his forthcoming album for Ninja Tune, set for release in 2016.
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AFTER CRASH
“After Crash is about love and friendship”. Così Francesco Cassino e Nicola Nesi, da Bologna, sintetizzavano la propria band e la propria musica, e non è difficile immaginare il perché: “#Lostmemories”, il loro esordio, sembra voler urlare tutta la vita e tutto il presente che c’è dentro queste nove tracce. E senza bisogno di troppe parole. Sono inni all’esistenza, a tutto ciò che accade, alle separazioni e agli errori, al talento e alla magia di fare musica. Come “We Leave”, apertura e pezzo-anthem à la M83, che fa venire una voglia irrefrenabile di alzarsi e fare qualcosa, di non perdere un minuto, scegliere un aereo a caso, ritrovarsi a New York a guardare le luci frenetiche della città. O magari a Londra, luogo che nel percorso musicale ed umano degli After Crash ha avuto importanza tanto quanto Bologna (leggasi per entrambi triennale in composizione e produzione di musica applicata all’University of Hertfordshire e master alla Goldsmiths, University of London). Folgorati nell’adolescenza da “Ok Computer”, cominciano una ricerca musicale totalizzante, mischiando elettronica e acustica, componendo colonne sonore, accompagnamenti per spettacoli teatrali, pubblicità. L’ampiezza del territorio in cui sanno muoversi con disinvoltura è sterminata, così come la capacità di fare propri tutti gli stimoli con i quali vengono a contatto. Portandosi sempre dentro la raffinatezza dei Telefon Tel Aviv, giocano con tante identità: immagazzinano Jon Hopkins nei momenti più battuti (“Overrated”, “Timeless Room”), poi rallentano per prendere a braccetto James Blake (“Leica”). Sfoggiano contaminazioni ambient degne di Nils Frahm (“Delplace”), introducendole col monologo dello Steiner/Alain Cuny ne La Dolce Vita, quando ricorda che “è la pace che mi fa paura. Temo la pace più di ogni altra cosa: mi sembra che sia soltanto un’apparenza, e che nasconda l’inferno”. La pace è stasi, quindi meglio non adagiarsi troppo, meglio stravolgere e trasformarsi ancora: diventando per quattro minuti una band post-rock (“Texture in Pectore”), dei compositori sopraffini di pezzi pop (“Don’t Change For Me”), o dimostrando di sapersi difendere bene anche nel tenere una pista da ballo (la finale “Transports”). Infiniti spunti, riuniti sotto il filtro del ricordo, come il titolo dell’album. Nessuna nostalgia, ma un post-it per il futuro che è già presente e va vissuto al meglio. Con un titolo che cita l’hashtag ufficiale della settima edizione del roBOt Festival, la cui partecipazione è stata una presa di coscienza importante nel percorso che ha portato alla stesura di questo disco. Disco che è passato attraverso le sapienti mani di Andrea Sologni (Gazebo Penguins) per la registrazione e il missaggio nel suo Igloo Audio Factory, con il mastering finale al Calyx Studio di Berlino. E in tutti i trentacinque minuti di musica, c’è una caratteristica che emerge chiara e forte: l’eleganza che Francesco e Nicola hanno saputo mettere in ogni brano, in ogni scelta. Non c’è elemento che stoni, non un’aggiunta di troppo, o un pezzo al posto sbagliato. Sanno essere sofisticati e leggeri, sanno accelerare e prendersi delle pause, sanno cosa va fatto in ogni momento. Non sono doti da poco, figlie dell’abnegazione e dell’esperienza (nonostante sia un esordio), ma soprattutto della propria bravura e del proprio gusto. Sono cose preziose che rispondono al nome di talenti, e che vanno sì coltivate ogni santo giorno, ma che sono innate. E soprattutto, come tutte le cose preziose, col tempo non potranno che aumentare di valore.
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L’anno prossimo saranno 20 anni dalla nascita dei Sodastream; 20 anni durante i quali Karl Smith e Pete Cohen hanno pubblicato 4 album, quattro EP e un disco live, lasciando un segno indelebile nella musica indipendente australiana.
Tornano oggi con “Little by Little”, il loro primo lavoro da un decennio a questa parte.
Fin dai suoi esordi, il duo si è guadagnato l’attenzione di nomi importanti come il leggendario John Peel e Moby (che indicò “Practical Footwear” del ’98 come singolo della settimana su Melody Maker), ha condiviso i palchi di tutto il mondo con band come Pavement, Yo La Tengo, Smog, Low, Belle & Sebastian e The Mountain Goats e ha pubblicato dischi con etichette influenti come Rough Trade, Darla, Trifekta, Homesleep, Candle, Drive-In e Acuarela Discos. Il tutto riuscendo a preservare la propria formula chitarra+contrabbasso lontana dalle moda e dai trend del momento.
In casa propria i Sodastream sono stati anche più riveriti e hanno potuto da sempre contare su una fanbase incredibilmente fedele che ha seguito tutti e quattro gli album: Looks Like a Russian (2000), The Hill for Company (2001), A Minor Revival (2003) e Reservation (2006). Di stanza a Melbourne fin da subito dopo la nascita del gruppo, Karl e Pete sono in breve riusciti a stabilire dei legami molto forti con altri musicisti locali, che hanno portato alle collaborazioni nei side project Small Sips e Lee Memorial.
Seguendo le orme di band affini come The Go-Betweens and The Triffids, i Sodastream sono usciti dai confini australiani per portare la propria musica nel mondo. E durante il periodo successivo, in cui la band ha sospeso la propria attività, ha comunque sostenuto la florida scena guitar-pop australiana che ora include Twerps, Dick Diver e The Ocean Party – band che hanno compreso che non è necessario fare rock per essere d’impatto.
Dopo uno stop di sei anni, durante i quali Karl ha pubblicato un acclamato album solista ed entrambi i membri della band si sono dedicati alle loro famiglie in crescita, i Sodastream tornano ad esibirsi live con la promessa di produrre nuovo materiale. Hanno brillantemente mantenuto la promessa con Little By Little, disco in cui la cifra stilistica del duo si raffina pur suonando fresca e intima come mai prima. Per il disco Karl e Pete si sono nuovamente avvalsi del produttore e batterista Marty Brown (Clare Bowditch, Art of Fighting) e hanno collaborato con J Walker (Machine Translator), Tom Lyngcoln (Harmony, The Nation Blue) e Kelly Lane (Skipping Girl Vinegar), attingendo quindi a piene mani dal ricco panorama di musicisti indipendenti australiani.
Registrato poco a poco nel corso di tre anni e composto anche da brani che risalgono alle sessioni di Reservation del 2006, Little By Little ristabilisce fin da subito l’immediatezza avvolgente dei Sodastream, sia dal punto di vista della musica che da quello dei testi. Mai inclini a fare le cose di fretta, i Sodastream hanno lavorato lentamente a quello che potrebbe essere il loro miglior album, un album che rende onore a tutte le sfumature della discografia di Karl e Pete anche quando si allunga e avvicina a nuovi territori.
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OFELIADORME – Release Party
In uscita il 17 marzo 2017 con distribuzione Warner Music Italia e publishing Ala Bianca/Howard Simon Bernstein, “Secret Fires” è il terzo album di Ofeliadorme: otto tracce registrate e prodotte da Howie B con il sound engineer Joe Hirst (Four Tet, Jarvis Cocker, DJ Shadow) tra la campagna del Galles e Londra nel giugno 2015. Una produzione internazionale che conferma il trio bolognese come una delle proposte più raffinate del panorama indipendente italiano ed europeo.
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VERDIANA RAW
Verdiana Raw, classe ’87, a quattro anni di distanza da “Metaxy” ci ha proposto un album di grande spessore stilistico, ”Whales know the route” (Pippola Music). I brani si muovono all’interno delle pieghe emotive dell’artista e ci hanno da subito colpito profondamente. A volte accarezzano dolci, a volte graffiano e colpiscono con la loro cruda sincerità. L’immagine onirica e simbolica della balena è uno dei nodi attraverso cui è possibile un primo avvicinamento alla sua produzione. L’istinto e l’urgenza vocale sono i mezzi primari che Verdiana usa per definire concetti quali la maternità, la strada, l’intuito materno, l’amore.
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È la prima volta che vieni al 1 HOUR?
Ecco le poche cose che devi sapere su come funziona:
➣ Sul palco vedrete un mega countdown di 60 minuti che inizierà a far scorrere il tempo.
➣ Durante quell’ora ci sarà un’esatta tipologia di musica con un preciso e poco sobrio dj set.
➣ Allo scoccare dello zero cambierà tutto e si darà il via ad un’altra festa completamente diversa e delirante.
Questo è #1HOUR, l’unica serata in cui ogni ora ti troverai in una festa diversa con musica diversa e coreografie diverse.
TUTTO CAMBIERÀ. OGNI ORA.
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1 HOUR WITH:
(l’ordine lo scoprirete durante la serata)
⌚ 1 HOUR CREW (dall’Indie Rock più moderno alle bombe del rock’n’roll degli anni 60/70)
⌚ CHISKEE (Ghetto All Stars, dall’Old School all’R’nB di grossa cilindrata)
⌚ Jakewalkers Society (Dj-set with Live Saxophone) ★ Finest Electro-Swing and Big Band groove
⌚ BANDERAS (Ultra Pop & Acquafan anni 90′)
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■ AREA SLOW ■
Pronti a schiaffeggiare i propri amici o a farti ricoprire da una valanga di coriandoli?
Nell’area slow tutto è concesso e il bello che dopo rivedrai le tue smorfie in un video a rallentatore.
Dai un’occhiata ai video nella nostra pagina facebook per capire in cosa consiste.
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Instagram: 1HOURPARTY -> bit.ly/1hourinstagram
#1hourparty #1HOUR #ognioraunafestadiversa
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1 HOUR ® è un marchio registrato, DIFFIDA DALLE IMITAZIONI.
Tornano a calcare i palchi d’Italia i FAST ANIMALS AND SLOW KIDS, ad un anno esatto di distanza dallo straordinario successo di “Alaska Tour”, terminato con sei sold out e 2.800 paganti all’ultimo concerto all’Alcatraz di Milano.
La band, affermatasi negli anni come una delle più solide ed originali rock band del panorama indipendente italiano riparte con il “FORSE NON È LA FELICITÁ TOUR”, che toccherà quasi ogni regione d’Italia, facendo tappa nei migliori live club della Penisola.
Il tour sarà anticipato venerdì 3 febbraio 2017 dall’uscita del nuovo album, dal titolo “FORSE NON È LA FELICITÁ” (Woodworm Label). Un disco energico e dalle importanti contaminazioni, nato in assoluta libertà espressiva, che sviluppa, con sorprendente continuità rispetto ai dischi precedenti, un risposta ai disordini che la vita impone.
È uscito in anteprima il 16 dicembre 2016, il primo singolo e video “ANNABELLE”:
Tornano a calcare i palchi d’Italia i FAST ANIMALS AND SLOW KIDS, ad un anno esatto di distanza dallo straordinario successo di “Alaska Tour”, terminato con sei sold out e 2.800 paganti all’ultimo concerto all’Alcatraz di Milano.
La band, affermatasi negli anni come una delle più solide ed originali rock band del panorama indipendente italiano riparte con il “FORSE NON È LA FELICITÁ TOUR”, che toccherà quasi ogni regione d’Italia, facendo tappa nei migliori live club della Penisola.
Il tour sarà anticipato venerdì 3 febbraio 2017 dall’uscita del nuovo album, dal titolo “FORSE NON È LA FELICITÁ” (Woodworm Label). Un disco energico e dalle importanti contaminazioni, nato in assoluta libertà espressiva, che sviluppa, con sorprendente continuità rispetto ai dischi precedenti, un risposta ai disordini che la vita impone.
È uscito in anteprima il 16 dicembre 2016, il primo singolo e video “ANNABELLE”:
A 10 anni di distanza dalla pubblicazione di “Micah P. Hinson and the Opera Circuit”, torna in Italia con Radar Concerti, Micah P. Hinson, il folksinger texano tra gli artisti statunitensi più interessanti degli ultimi anni, per sette date esclusive, in cui si esibirà con la band; ad aprire i concerti gli italiani Sunday Morning.
In occasione del decennale l’etichetta italiana Bronson Recordings, che aveva già dato alle stampe “Broken Arrow” nel 2015, ha ripubblicato in una Deluxe Limited Edition l’acclamato album del 2006.
Nato a Memphis e cresciuto ad Abilene, in Texas, Micah è dotato di un songwriting ispirato, sincero e potente, con liriche biografiche di una vita vissuta, un’adolescenza turbolenta nel Texas tra passione, droga, sfortuna e depressione. Una chitarra di matrice folk che non disdegna incursioni lo-fi e punk e una voce che scava nel passato della storia folk blues americana, un timbro profondo indimenticabile che rende ancor più crude e affascinanti le sue canzoni.
“Seeing Micah P. Hinson live is like being invited in to share a little piece of his world. It’s rare to see musicians who seem so genuine and open on stage, and even when the subject matter of the songs is so strange and dark he manages to make the audience feel very welcome to share in it.” THELINEOFBESTFIT.COM
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La storia musicale di Frank Turner inizia nei primi anni 2000 all’interno della scena Hardcore britannica, dove si esibisce come cantante dei Million Dead.
Dopo lo scioglimento della band il giovane cantautore decide di imbracciare la chitarra acustica e di cimentarsi in un mix di Folk Punk e Rock che da subito gli permette di esibirsi in tutto il Regno Unito riscuotendo un ottimo consenso dalla stampa e dal pubblico, grazie anche alla partecipazione a eventi molto importanti come il Festival di Reading e Leeds, e a tour dove Turner toccherà Regno Unito, Europa, Stati Uniti e Canada.
Memorabile il sold out alla Wembley Arena di Londra il 13 aprile 2012.
Il suo stile unico e inimitabile unisce l’attivismo e l’impegno tipico del Punk (grande è l’influenza di Billy Bragg) mischiato al Folk Rock più tipicamente Springstiniano.
Il resto è storia attuale, è la storia di un ragazzo che ha avuto il coraggio di cimentarsi in un genere dai grandi valori morali e che lo sta portando ad un successo globale giorno dopo giorno
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