Archivio eventi
Due leggende del punk a confronto!
• ALESSANDRO CORTINI presents: AVANTI •
(Nine Inch Nails – Hospital Productions / Important Records)
Opening set: Ra Kunesh
Closing set: Herva, Shinoby, Draft
Alessandro Cortini, maestro della sintesi analogica militante nelle file dei Nine Inch Nails, è uno dei nomi più ammirati dell’elettronica mondiale.
A partire dal 2013 dà voce ai suoi intimi e avvolgenti esperimenti elettronici, sospesi tra droni, ambient e atmosfere industriali. L’anno seguente inizia una serie di release sulla Hospital Productions di Prurient, composta per ora dagli album “Sonno” e “Risveglio”. In entrambi non c’è solo l’artista e la sua strumentazione, ma è presente un terzo elemento: lo spazio, il contesto fisico fatto di aria, di suoni e rumori di fondo, che sporcano e scaldano le sequenze dei sintetizzatori.
La sua ultima opera, “AVANTI”, è un’esperienza malinconica e struggente, in cui i synth di Cortini diventano meditazione attraverso il suono sulle memorie di una vita, sposandosi alla perfezione con le pellicole vintage riprese in Super 8 dalla sua famiglia durante la sua infanzia. Suoni e immagini trasporteranno lo spettatore in un labirinto composto dalle memorie di un passato comune, unito al presente grazie alle espressive interpretazioni sonore, puntando avanti, verso il futuro.
Warm up djset a cura di CRISTIAN ADAMO (Radio Città del Capo)
Classe 1936, chitarrista, compositore, arrangiatore, bandleader e produttore, Ebo Taylor è stato senza dubbio una delle figure centrali nella musica ghanese delle ultime sei decadi ed una leggenda della musica africana in generale.
Già a partire dalla fine degli anni ’50, Taylor è attivo nelle seminali formazioni Highlife, Stargazers e Broadway Dance Band. Nel 1962 porta il suo gruppo d’allora, Black Star Highlife Band, a Londra, dove conosce e collabora con il grande Fela Kuti, incontro che avrebbe cambiato il destino della sua musica (“in seguito divenni militante per la seconda indipendenza sonora della musica africana”).
Di ritorno in Ghana nel 1965 si unisce a Uhuru Dance Band, la band più famosa dell’epoca, per guidarla all’inizio degli anni ’70 in tour in Nigeria e in Africa Occidentale. Nel 1974 da vita alla più innovativa Afro Band degli anni ’70, l’ Apagya Show Band, per cui scrive e arrangia numerosi pezzi celebri tra cui “Tamfo Nyi Ekyir” e“Kweku Ananse” e alla fine degli anni ’ 70 lavora come solista, sviluppando un suono innovativo e personale, registrando brani immortali come “Twer Nyame” “Heaven” e “Come Along” tutti indistintamente segnati da quella combinazione di tradizioni ghanesi, afrobeat, jazz e funk (si ascolti in tal senso la recente retrospettiva Strut a lui dedicata:“Life Stories”). Comincia così a lavorare come produttore, realizzando album per artisti come Pat Thomas e C.K. Mann ed affermandosi come figura di punta della musica africana.
Negli anni ’80 e ’90, tempi difficili per i musicisti ghanesi, Taylor lavora come artista free lance in diversi paesi. Dal 2001 aggiunge inoltre un capitolo accademico alla sua lunga carriera, cominciando ad insegnare chitarra jazz all’Università del Ghana, cosa che gli consente di fare ricerche sulle differenze musicali tra le varie regioni del Ghana. Queste ricerche ispirano moltissimo i suoi lavori più recenti. Nel 2010 le superstar dell’hip hop americano Usher e Ludacris catapultano improvvisamente Ebo Taylor nel firmamento globale grazie al sample del brano Heaven (già immortalato nel 2002 dalla seminale raccolta “Ghana Soundz”). È il detonatore che lo porta a registrare, per la prima volta in 60 anni, un album per il mercato internazionale.
Nel 2011 “Love and Death”, assieme agli Afrobeat Academy, sbanca tutte le classifiche di settore e fa da apripista – un po’ come era successo, sempre su Strut, per Mulatu Astatke – ad una lunga tournèe europea. Segue la pubblicazione di altri album e nel 2014 Ebo riceve il Kwame Nkrumah African Genius Award, consacrandolo a leggenda vivente della musica africana. Nel 2017 Ebo Taylor accompagnato da 8 incredibili musicisti partirà per un lungo tour che toccherà anche l’Italia con tre imperdibili live.
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“Considerando che esiste l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo, ogni cosa è al centro dell’Universo.”
Farà tappa a Bologna in occasione del tour di presentazione di “Forze Elastiche” il cantautore Fabio Cinti.
Uscito il 20 settembre il nuovo album “FORZE ELASTICHE”. L’album, prodotto da Paolo Benvegnù, vede la partecipazione di Nada Malanima, The Niro, Massimo Martellotta (Calibro 35), Alessandro Grazian e Giovanna Famulari.
Ritorna sul palco di Bologna una leggenda dell’Hip Hop italiano, un uomo che ha fatto la storia del genere passando attraverso Rapadopa, Sangue Misto, Zero Stress, Casino Royale, Alien Army e molto altro. Questa volta sarà accompaganto da Gianluca Petrella, Antonio Tarantino e Mad Boxes!
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Il Circo Zen, da Pisa. Nove album ed un Ep all’attivo, diciotto anni di onorata carriera ed oltre mille concerti. Hanno riportato lo spirito padre del folk e del punk al moderno cantautorato con Andate Tutti Affanculo (2009) un album che li ha consacrati dopo anni di duro lavoro. Il disco – per Rolling Stone fra i migliori 100 album Italiani di tutti i tempi – ha contribuito a definire la nuova generazione della musica italiana degli anni zero. Precedentemente gli Zen hanno collaborato con tre mostri sacri dell’alternative americano come Violent Femmes, Pixies e Talking Heads in Villa Inferno (2008). Si sono costruiti una credibilità condivisibile da pochissimi altri artisti nostrani grazie all’attività live più incessante, urgente e di qualità che si possa immaginare. Hanno confermato e moltiplicato il proprio pubblico con Nati Per Subire (2011) fino a raggiungere la top ten della classifica Fimi/Gfk ed il primo posto di quella generale di iTunes con Canzoni Contro La Natura (2014). Oggi più che mai gli Zen si confermano come una certezza del rock indipendente Italiano, portabandiera indiscutibili della musica libera da vincoli: zero pose, zero hype ma solo tanto, tanto sudore. Questa attitudine è stata premiata nel tempo da un pubblico affezionato e sempre più trans generazionale, che riempie ormai da anni i migliori club e i migliori festival del paese.
Dopo otto dischi, un ep e diciotto anni di carriera, THE ZEN CIRCUS festeggiano la maggiore età con un nuovo grande disco di inediti, “La Terza Guerra Mondiale”, uscito il 23 settembre per La Tempesta Dischi. “La Terza Guerra Mondiale” è il disco al quale hanno dedicato più tempo in studio, lavorando su ogni piccolo dettaglio, dalle melodie ai testi, dagli arrangiamenti ai suoni. Sono partiti da quaranta provini e hanno scremato fino ad arrivare alle dieci canzoni che compongono il disco, fino a quando non hanno avuto la sensazione che ognuna avrebbe potuto essere un singolo. “La Terza Guerra Mondiale” è, per questo, il disco più “power pop” di The Zen Circus. Gli arrangiamenti sono fatti esclusivamente di chitarra, basso, batteria e voci: per la prima volta in un disco Zen non ci sono tastiere aggiunte, synth, archi o fiati e, se qualche volta può sembrare, si tratta di chitarre o voci filtrate ed effettate: una scelta volta a poter portare dal vivo il disco nella sua forma originale. La splendida copertina racconta, in tutta la sua crudeltà, la provocazione lanciata dal Circo Zen col suo nono disco: rapiti dal bisogno di esistere, che il mondo digitale non sa soddisfare, non sappiamo più accorgerci di quello che ci sta attorno.
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Il Circo Zen, da Pisa. Nove album ed un Ep all’attivo, diciotto anni di onorata carriera ed oltre mille concerti. Hanno riportato lo spirito padre del folk e del punk al moderno cantautorato con Andate Tutti Affanculo (2009) un album che li ha consacrati dopo anni di duro lavoro. Il disco – per Rolling Stone fra i migliori 100 album Italiani di tutti i tempi – ha contribuito a definire la nuova generazione della musica italiana degli anni zero. Precedentemente gli Zen hanno collaborato con tre mostri sacri dell’alternative americano come Violent Femmes, Pixies e Talking Heads in Villa Inferno (2008). Si sono costruiti una credibilità condivisibile da pochissimi altri artisti nostrani grazie all’attività live più incessante, urgente e di qualità che si possa immaginare. Hanno confermato e moltiplicato il proprio pubblico con Nati Per Subire (2011) fino a raggiungere la top ten della classifica Fimi/Gfk ed il primo posto di quella generale di iTunes con Canzoni Contro La Natura (2014). Oggi più che mai gli Zen si confermano come una certezza del rock indipendente Italiano, portabandiera indiscutibili della musica libera da vincoli: zero pose, zero hype ma solo tanto, tanto sudore. Questa attitudine è stata premiata nel tempo da un pubblico affezionato e sempre più trans generazionale, che riempie ormai da anni i migliori club e i migliori festival del paese.
Dopo otto dischi, un ep e diciotto anni di carriera, THE ZEN CIRCUS festeggiano la maggiore età con un nuovo grande disco di inediti, “La Terza Guerra Mondiale”, uscito il 23 settembre per La Tempesta Dischi. “La Terza Guerra Mondiale” è il disco al quale hanno dedicato più tempo in studio, lavorando su ogni piccolo dettaglio, dalle melodie ai testi, dagli arrangiamenti ai suoni. Sono partiti da quaranta provini e hanno scremato fino ad arrivare alle dieci canzoni che compongono il disco, fino a quando non hanno avuto la sensazione che ognuna avrebbe potuto essere un singolo. “La Terza Guerra Mondiale” è, per questo, il disco più “power pop” di The Zen Circus. Gli arrangiamenti sono fatti esclusivamente di chitarra, basso, batteria e voci: per la prima volta in un disco Zen non ci sono tastiere aggiunte, synth, archi o fiati e, se qualche volta può sembrare, si tratta di chitarre o voci filtrate ed effettate: una scelta volta a poter portare dal vivo il disco nella sua forma originale. La splendida copertina racconta, in tutta la sua crudeltà, la provocazione lanciata dal Circo Zen col suo nono disco: rapiti dal bisogno di esistere, che il mondo digitale non sa soddisfare, non sappiamo più accorgerci di quello che ci sta attorno.
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Hindi Zahra è cresciuta in Marocco, circondata da musica e balli. Le prime melodie che ascolta sono quelle della musica tradizionale berbera, la musica indiana ed egiziana, per poi passare al rock psichedelico, al reggae e alla musica soul. A 12 si trasferisce a Parigi ed è in Francia che inizia la sua carriera da musicista.
Il suo prima lavoro è al Louvre e all’età di 17 anni sale sul palco per la prima volta in occasione della “Fête de la musique”.
Hindi Zahra si è formata prima di tutto esibendosi dal vivo, sul palcoscenico trova l’ispirazione che la porta in seguito in studio di registrazione a dare vita al suo primo album, “Handmade”. L’album di debutto è preceduto da una canzone che colpisce direttamente al cuore, “Beautiful Tango”, un piccolo capolavoro, la sua voce suadente cattura, la chitarra viaggia in terre lontane, non si può far altro che seguirla. Tre anni dopo il demo di “Beautiful Tango” esce l’ormai celebre “Handmade”, l’album prodotto da Hindi Zahra, dalla A alla Z, che richiama subito l’attenzione del grande pubblico; il suo stile, la sua voce, il suo fascino non passano inosservati.
Insieme al successo di pubblico arrivano anche i riconoscimenti professionali: il contratto con Blue Note, il premio Costantin nel 2010, il Premio “Victoire de la Musique” nella categoria World Music; il suo album esce in oltre 20 paesi. Con “Handmade”, Hindi Zahra si esibisce in 400 concerti, viaggiando in tutto il mondo per due anni e mezzo. Suona fino allo sfinimento, fino all’esaurimento dei sensi e delle forze, come in rituale ripetitivo, in cui la coscienza si perde, in stato di trance.
Alla fine della sua tournée Hindi Zahra decide di trasferirsi per un anno a Marrakech. Isolata, in un Riad della Medina. In questo luogo ritrova la pace e ritrova il cammino per la sua musica. “Una vera discesa nella solitudine. Per metabolizzare una storia e raccontarla. A volte capitava che facessi la spesa e poi per due settimane non uscivo più di casa.”
La sua ricerca parte dalla ripetizione, inizia ad esplorare i ritmi con Rhani Krija, un musicista di Essaouira. “E’ arrivato con un furgone pieno di percussioni, le ha disposte nel patio del riad. Sceglievamo gli strumenti, mescolavamo: ritmi cubani con percussioni marocchine, ritmi marocchini con percussioni indiane..” Tutto il resto nascerà da questo tappeto di ritmi e di percussioni, la composizione, le canzoni, gli arrangiamenti.
In questo periodo Hindi Zahra passa molto tempo ad esplorare le grotte tra Essaouira e Agadir, si spinge sulle vette delle montagne, con gli abitanti berberi che dall’alto scrutano l’Oceano. Esce dall’isolamento, le sue canzoni la riportano a viaggiare. A Cuba, in Giordania, in Egitto, in Italia, in Andalusia – a Cordoba registra con il chitarrista flamenco Juan Fernandez “El Panky”. E’ attrice in due film: “The Narrow Frame of Midnight” di Tala Hadid e “The Cut” del regista tedesco Fatih Akin (La sposa turca, Soul Kitchen..).
Durante i suoi viaggi, alcune passioni musicali si affermano con maggiore vigore (Miriam Makeba, Césaria Evora, Marvin Gaye e Nina Simone, per quest’ultima Zahra ha ripreso Just Say I Love Him in un recente album-tributo) e tracciano la strada ascensionale di “Homeland”.
La registrazione dell’album si conclude a Parigi, dove onora le sue radici tuareg invitando il chitarrista Bombino a suonare in “To The Forces”. Il percussionista brasiliano Ze Luis Nascimento ridona il gusto del viaggio alle canzoni, e una squadra di musicisti si forma attorno a lei. Hindi Zahra arriva finalmente alla conclusione di un’odissea d’iniziazione che è durata due anni e mezzo. Ma per l’ascoltatore questo è solo l’inizio del suo viaggio.
“Homeland” si ascolta con semplicità. C’è essenzialità, un qualcosa di elementare in questo lavoro: il calore del sole, il rumore dell’Oceano, lo spazio, le canzoni che si muovono come maree o come nuvole. Riconosciamo dei generi musicali, molti stili diversi, ma sono solo richiami, qui tutto è stato amalgamato insieme, mescolato, il ritmo ondeggiante ed impetuoso trasporterà tutti in nuovi porti.
Canzoni di un’avventuriera che, risalendo le profondità, danza sulle onde e naviga nei deserti. C’è malinconia nelle sue canzoni, ma c’è l’estasi nella sua voce, e melismi che fanno il giro del mondo in spirale. L’anima dell’umanità, capace di liberare i corpi e i cuori in dolcezza, in profondità.
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